giovedì 19 maggio 2011

Meritocraxia

Meritocrazia un beato c@zz0. Dovro' scusarmi per la violenza di questo incipit prima o poi, pero' e' piu' forte di me: mi da' un fastidio enorme l'atteggiamento di chi si riempie la bocca di "necessita' di meritocrazia per un sistema piu' giusto". Secondo me soffre di miopia, presbiopia, o di cecita' in generale, se proprio non gli si vuol affibbiare l'etichetta della malafede. Innanzitutto, chi e' che stabilisce quali sono i criteri per misurare il merito? Quale merito poi? Cioe' a me sembra evidente che il concetto stesso, sia sopravvalutato (come quello del libero mercato, tanto per fare un esempio che tanto gli assomiglia).
Tecnicamente se sei bella, e porti maschi vogliosi a guardare la trasmissione dove balli scosciata, meriti di stare dove stai.
Alla faccia di ogni battaglia moralistica di chi sostiene che i meriti sono di chi studia, non di chi si mostra.
E se ti votano poi? Meriti di essere in parlamento, alla faccia di chi sostiene che i meriti sono di chi si sacrifica ad una vita di lunga gavetta.

Quale sarebbe il merito maggiore allora? Quello di chi ha sofferto di piu'? Come a dire che chi compra i prodotti meno costosi merita di avere una casa piu' pulita perche' ha lavorato di piu' per tirarla a lucido? O piu' sfrontatamente, merita di fare piu' fatica, visto che non ha potuto permettersi di pagare di piu'?

A me sembra che chi abbraccia il premio del merito come concetto assoluto si sposi con l'approccio giusnaturalistico della legge del piu' forte: se tuo nonno si e' accaparrato la terra, chissa' come poi dai, tu meriti di vivere di rendita. E guai a chi ti tocca il capitale. Il nonno era tuo e se si continuano a lamentare dello sfruttamento del loro lavoro nei tuoi capannoni, con i tuoi, di macchinari, allora c'e' un altro da sfruttare dietro l'angolo per te, che si sappia!
I meriti dei grandi capitalisti. Vogliamo veramente risalire alle loro storie?

Il merito e' un falso mito. E' il falso mito di chi sposta la convivenza, la solidarieta', la vita sociale sul piano della competizione.
Io pero' personalmente preferisco lo spirito olimpico, quello della festa, della compartecipazione, rispetto a quello della gara ad eliminazione diretta.

I colleghi che hanno problemi a casa, famiglie in difficolta', non meritano l'avanzamento in carriera perche' non possono mettersi in mostra con orari di lavoro infiniti? Perche' anche se lo volessero non hanno tempo extra da dedicare, a vagonate, alla vetrina della produzione? Conta la produttivita' solo quando e' minore della media? Contano l'attenzione e la scrupolosita' allo stesso modo? Si'? Ma dove? E quando?

Il punto di questa mia battaglia personale e' che voglio smascherare il valore della meritocrazia. Qualsiasi porcheria fatta e' un merito di chi riesce a farla. E qualsiasi porcheria subita e' meritata da chi ha omesso di evitarla.

Io non lo credo, non lo voglio credere, e non lo credero' mai. Una porcheria resta una porcheria, e il giudizio morale deve sovrastare il valore mignon del merito.

Siamo di fronte alla megalomania di leader politici che si sono meritati credibilita' e sostegno prono a suon di mazzette di banconote. E' un merito. E fa schifo.
Il merito e' un'arma a doppio taglio, non si puo' abusare del suo significato ciecamente. Si rischia da ammettere l'inammissibile.

Certo che chi vince un concorso onestamente, merita quel posto. Certo che chi corre piu' veloce, si merita la medaglia.
Non sto negando che ci sono frangenti della vita in cui la competizione c'e'. Ma nella vita non c'e' solo competizione.

E soprattutto ci sono valori, ideali, pari opportunita', egualitarismi, solidarieta', che vanno oltre alla legge del piu' forte.

Se tu nasci qui, mbe', mica ti meriti di salire su un barcone alla ricerca di fortuna, spinto dalla fame e dal luccichio delle posate del tuo dirimpettaio di costa. Ma se nasci la'... Beh ti meriti almeno di provarci a scavalcare la staccionata. Niente di male. Solo che per te qui di posto non ce ne e'.
Noi eravamo qui prima. Eh!

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