Riflettevo su questa cosa.
(Forse mi ero gia' soffermato su questi temi, ma non ho voglia di fare ricerche, ne mi interessa la coerenza in questo momento, quindi: ruota libera).
Se siamo capaci di prendere una critica differentemente da uno schiaffo, da un rifiuto, da un giudizio di disapprovazione, da un moto di allontanamento, forse riusciamo ad ottenere qualcosa di buono da qualcosa che di primo acchito non ci piace.
Se ricevere una critica puo' essere una spinta a mettersi in discussione, un'occasione per conoscere il punto di vista di chi ci vede da fuori, forse puo' essere meno doloroso apprendere di non essere perfetti.
Perche' tra il dirlo e il saperlo veramente, ce ne passa. E molto. E lo dico da convinto pallone gonfiato. Per scelta di vita, condivisibile o meno, e per reazione a tante insicurezze che voglio sapere superare.
Zafon fa dire ad un suo personaggio che e' caratteristica dei grandi uomini essere troppo severi con se' stessi. Chissa' perche' tanto rigore e' piu' facile da accettare se nasce da un moto interiore.
Forse dovrebbe essere aggiunto nel manuale del buon egualitarista, che una critica nata fuori, vale tanto quanto una critica nata autogena.
E forse perche' penso sempre che nei buoni insegnamenti di arti marziali ti si insegna ad utilizzare dolcemente la foga dell'avversario per trasformare cio' che ti investe in superpoteri di proiezione, che cerco di riciclare quest'idea, anche in questo caso.
O forse perche' e' Domenica, e qualche riflessione oziosa ci sta anche bene.
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1 commento:
Ho sempre faticato a capire la tua ostilità verso le critiche.
Anche leggendo qui, più che riflessione sul contenuto, mi rimane un senso di perplessità sull'argomento.
Una critica è sempre uno stimolo. Al di là dei toni, educazione e altre cose a contorno che la possono rendere più o meno gradita, se il più sapiente è colui che sa di non sapere pur non rassegnandovisi, forse il più perfetto è colui che accetta di non essere perfetto e continua il suo cammino di miglioramento. no?
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